Dr info - Dr Luigi Brugnano

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L’arteriopatia Ostruttiva Cronica Periferica
 

L’arteriopatia Ostruttiva Cronica Periferica degli arti inferiori è una patologia ad andamento cronico che comporta progressiva riduzione del lume arterioso fino all’ostruzione con conseguente ischemia dell’arto di varia entità e con quadro clinico correlato all’entità della sofferenza ischemica, articolato in stadi ingravescenti che caratterizzano la storia naturale della malattia.
La vecchia ma sempre valida classificazione di Fontaine, modificata nel tempo ma mai stravolta nella sua sostanziale schematicità identifica, nella progressione dell’arteriopatia, una fase preclinica, il I stadio, in cui l’elemento dominante è la scarsa ed aspecifica sintomatologia (parestesie, astenia, alterazioni del termotatto…); uno stadio della claudicatio (II stadio); il manifestarsi dell’ischemia critica, o cronica critica con insorgenza di dolore a riposo (III stadio); ed infine la morte cellulare (IV stadio).
Il primo stadio presenta peculiarità cliniche così sfumate che spesso non sono avvertite dal paziente o sono sottovalutate o piuttosto riferite a situazioni episodiche, occasionali. La diagnosi in questa fase della malattia è legata ad un riscontro strumentale in corso di accertamenti sistematici e completi eseguiti routinariamente in soggetti affetti da sofferenza vascolare di altri distretti come ad esempio quello coronarico o carotideo oppure come screening nel contesto di ambiti patologici di diversa natura (diabete, collagenopatie, malattie autoimmuni ecc.).
Ne deriva, per come affermato anche in importanti documenti di consenso come la TASC, che la claudicatio intermittens è il sintomo classico dell’AOCP ed è rappresentato da un disturbo della deambulazione del tutto tipico e patognomonico:; "dolore muscolare agli arti inferiori riproducibile con l’esercizio ed  alleviato dal riposo entro 10 minuti". Ogni paziente affetto da claudicatio intermittens è certamente affetto da arteriopatia cronica degli arti inferiori ma ciò non vuol dire che il dolore o la difficoltà deambulatoria esista solo in conseguenza di una causa arteriosa.-
Il presupposto fisiopatologico della claudicatio intermittens è una riduzione dell’apporto ematico ai vari livelli degli arti inferiori, in misura tale da essere del tutto sufficiente in condizioni di riposo ma inadeguato alle richieste necessarie a garantire l’attività muscolare: il pz che a riposo non avverte nulla, dopo un variabile tratto di strada accusa un dolore ingravescente con contrattura muscolare alla coscia, al polpaccio od al piede, a seconda della sede del danno vascolare, che lo costringe a fermarsi. Dopo un breve periodo di riposo, max 10 minuti secondo la definizione precedentemente riportata, il dolore recede consentendo al paziente di riprendere il cammino per tornare quindi a manifestarsi con le stesse caratteristiche dopo un tratto di strada esteso quanto il precedente con conseguente nuova sosta del paziente e stesso tempo di recupero. Il percorso, espresso in metri, rappresenta l’autonomia funzionale di marcia del paziente ed è correlato al grado di ostacolo all’afflusso ematico al distretto interessato. Il  tempo necessario alla scomparsa del dolore è invece il tempo di recupero espresso in minuti necessario affinchè vengano eliminati o inattivati i metaboliti acidi prodotti dal lavoro muscolare in anaerobiosi. L’autonomia di marcia considerata comunemente compatibile con una esigenza di vita accettabile è di circa 200 metri.
Nelle lesioni steno-ostruttive aorto-iliache, il dolore solitamente si manifesta alla coscia e consente un’autonomia di marcia  piuttosto ampia in relazione all’esistenza di maggiori circoli collaterali. Il dolore, inoltre, in questa sede, può manifestarsi con caratteristiche di minore gravità. Nel caso invece di lesioni situate nel distretto femorale o popliteo l’autonomia di marcia è sensibilmente più limitata, con dolore più intenso e marcata contrattura muscolare. Le lesioni arteriose più periferiche determinano invece claudicatio di piede che restringe ulteriormente l’autonomia di marcia data l’esiguità dei possibili circoli collaterali.
Quanto detto schematizza e semplifica le manifestazioni cliniche di questo importante sintomo di insufficienza vascolare che può comunque presentare espressioni più sfumate o che risentono di altre condizioni patologiche concomitanti o concorrenti.
Una claudicatio tipica, nonostante la specificità del sintomo, si manifesta in un massimo di 1/3 di tutti i pazienti con AOP. Numerosi studi hanno, infatti, evidenziato che in Europa e negli USA la prevalenza della malattia asintomatica è da 2 a 5 volte maggiore rispetto all’arteriopatia sintomatica. Questi studi, prevalentemente di carattere epidemiologico sono basati sulla somministrazione ad una popolazione di pazienti, di questionari come il World Health Organization Rose Questionnaire.
L’utilizzo di questionari meglio studiati, più appropriati, e somministrati in forma più accurata, non solo ha permesso di accertare che la qualità della vita è peggiore nei pz asintomatici in considerazione delle co-morbidità associate, ma ha aumentato il dato relativo alla prevalenza dei sintomi consentendo di accertare meglio il riferito disturbo vascolare.
In ogni caso la claudicatio intermittens rimane il sintomo principale della PAD degli arti inferiori. Da questa vanno differenziati altri tipi di dolore , fastidio, torpore o disestesie che interessano gli arti inferiori e che sono dipendenti o meno dal movimento. In linea di principio, la semplice relazione del dolore con lo stesso grado di esercizio fisico ed il suo rapido sollievo con il riposo nello stesso lasso temporale, cioè il concetto di intermittente, è già tale da consentire una diagnosi differenziale su base clinica.
Nel documento espresso dalla TASC viene proposta una tabella riepilogativa delle principali condizioni cliniche da cui differenziare la patologia arteriosa steno-ostruttiva, che tiene conto della localizzazione del sintomo, della sua incidenza e delle caratteristiche con le quali si manifesta, di quali effetti determinana sulla sua manifestazione l’esercizio fisico, il riposo e la posizione nonché eventuali altri sintomi associati o note anamnestiche rilevanti.
L’arteriopatia è analizzata in base a lesioni localizzate nel distretto femorale, aorto-iliaco o popliteo con localizzazione del dolore, rispettivamente, al polpaccio, alla coscia, all’anca od alla regione glutea. La claudicatio intermittens di polpaccio si manifesta nel 3-5% della popolazione adulta, mentre decisamente rara è la claudicatio di coscia, dei glutei o del piede. A quest’ultimo livello il dolore è particolarmente intenso ed urente durante l’esercizio e si localizza elettivamente all’arcata plantare. È evidente come l’esercizio determini la riproducibilità del dolore, come il riposo lo allevi rapidamente e come le variazioni della postura non abbiano alcuna influenza. In ogni caso i polsi sono assenti anche se nel caso di stenosi iliaca isolata il polso pedideo può essere normale.
Soggetti in giovane età che svolgono intensa attività sportiva possono presentare una sindrome compartimentale cronica che, a causa dell’enorme sviluppo muscolare si manifesta con un dolore urente che migliora lentamente con il riposo e con il sollevamento dell’arto che è la conseguenza di un ridotto flusso venoso determinato dal restringimento del compartimento interessato dall’ipertrofia muscolare. In questo caso, assume importanza nella diagnosi differenziale oltre alle caratteristiche del dolore, appena descritte, anche la giovane età dei pazienti affetti e la necessità che questi compiano sforzi importanti affinchè il sintomo si manifesti.
Nel caso della claudicatio venosa è presente in anamnesi una pregressa trombosi iliaco-femorale non ricanalizzata e con un insufficiente sviluppo di circoli collaterali. In questo caso la marcia, o comunque l’esercizio fisico aumenta la necessità di drenaggio venoso dell’arto in considerazione dell’aumento fisiologico del flusso arterioso ma l’ostacolato deflusso provoca ipertensione venosa e dunque dolore urente, solitamente localizzato alle cosce. Il riposo induce un lento miglioramento della sintomatologia  che può essere migliorato con il sollevamento dell’arto. Solitamente è associato edema.
Il dolore neurogeno periferico è determinato da una compressione nervosa dovuta ad ernia discale o fenomeni degenerativi artrosici. Inizia quasi contemporaneamente al movimento e si distribuisce posteriormente lungo la coscia e la gamba, fino anche al piede. Il riposo è inefficace anzi a volte il dolore insorge anche a riposo ed è esacerbato dal movimento. Può migliorare variando la postura del rachide.
Le cisti di Baker derivano da una espansione della borsa tendinea del semimembranoso e del gastrocnemio mediale. A seguito di versamento articolare che, determinando un aumento pressorio intrarticolare spinge il liquido sinoviale ad infiltrarsi, con un meccanismo a valvola, nelle borse tendinee. Le cisti neo formate guadagnano così spazio, spingendosi tra le fasce muscolari dove può rimanere asintomatica, manifestandosi come una tumefazione posteriore del ginocchio.  È pressocchè sempre secondaria a condizioni che determinano sinoviti, come ad esempio patologie autoimmuni, gonartrosi, traumi ecc. ion taluni casi, l’espansione del cavo popliteo può determinare fenomeni compressivi accentuati o scatenati dall’esercizio fisico, rappresentati da dolore, , pesantezza, parestesie al cavo popliteo che non subiscono variazioni con la posizione e non presentano caratteristiche di intermittenza.
La coxartrosi si manifesta con dolore che insorge e si aggrava già all’inizio della marcia con espressione variabile di giorno in giorno in funzione di diversi livelli di esercizio. A differenza della claudicatio, dunque, è un dolore difficilmente riproducibile con le stesse caratteristiche , che risente piuttosto lentamente del riposo e del variare della postura ed è possibile che si manifesti anche in assenza di esercizio. La prevalenza, come nel caso delle compressioni radicolari è tipica dei soggetti anziani, così come lo è nella Claudicatio, sicchè è possibile che concomitino alterazioni dei polsi. Riveste, pertanto, particolare importanza una accurata valutazione anamnestica e delle caratteristiche del dolore riferito .
In seguito a degenerazione artrosica dei corpi vertebrali con formazione di osteofiti si possono verificare  stenosi del canale midollare tali da determinare compressione dei nervi lombosacrali scatenate dalla stazione eretta e talora esacerbata dal movimento. Le manifestazioni cliniche sono rappresentate da debolezza, dolore alle cosce ed ai glutei, torpore e parestesie. Il riposo è utile per alleviare i sintomi solo con la colonna lievemente flessa in avanti oppure da seduti.
Dr. Luigi Brugnano
c/o Ospedale di LOCRI (RC)
U.O. di Chirurgia
Cda Verga - 89048 Locri (RC)  ITALIA
tel. +39 0964 3991 (centralino)
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